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La storia di Ternengo

Ternengo sorge sulle colline biellesi, in una zona verde e boscosa.

Molti storici ritengono che tutti i paesi con il toponimo in “engo” (Brusnengo, Castellengo, Pettinengo, Valdengo, ecc.) abbiano avuto, in origine, insediamenti di tribù Celtiche.
Una leggenda paesana narra che un rampollo scapestrato dei Conti Avogadro di Valdengo fu allontanato dalla famiglia. Il padre, nell’atto di cacciarlo, gli disse: “Ti rinnego”. Il giovane, allontanandosi da Valdengo in direzione delle montagne, giunse presso le colline di Bauséra (oggi Valsera, frazione di Ternengo) e, ammirando la bellezza del luogo coperto di boschi, decise di stabilirvisi e di chiamare il suo nuovo feudo “Ti rinnego” che, nel tempo, si trasformò in “Tirnengo” e poi “Ternengo”.

Il luogo non è menzionato negli antichi diplomi imperiali, il che lascia supporre che il borgo sia stato edificato in epoca piuttosto tarda. Il primo documento in cui Ternengo viene nominato è una bolla del 2 Maggio 1207 con cui il Pontefice Innocenzo III prendeva, sotto la sua speciale protezione, il capitolo di Santo Stefano di Biella, confermandone la giurisdizione canonica sulle chiese locali tra cui l’ecclesiamo di Ternengo.
In un documento del 12 Maggio 1294 un presbitero Johannes di Ternengo è citato in una causa relativa alla determinazione dei confini di due alpi delle montagne biellesi.
Sulla Parrocchia del paese, intitolata a Sant’Eusebio Vescovo di Vercelli, gli Avogadro di Valdengo mantennero fino all’epoca moderna il diritto di patronato “per jus fundationis”.
Ternengo faceva parte, nel Medioevo, del Comitato di Vercelli. Passò poi sotto la Signoria dei Casalvolone.
Documenti più tardi confermano che la proprietà del feudo era per metà dei Signori di Buronzo. L’altra metà apparteneva agli Avogadro del ramo di Valdengo. Tra la fine del XV° secolo e l’inizio del XVI° sia i Buronzo che gli Avogadro alienarono le rispettive porzioni di feudo alla Famiglia Gromo.

Nel 1671 il feudo ricevette dignità comitale ed i Buronzo divennero Conti.
Il feudo si estendeva anche su parte dei più fertili territori delle vicine comunità come Quaregna e Cerreto che producevano vino, segala, meliga, miglio, frumento, fagioli, noci, avena, canapa, sementi, lupini. Un’altra forma di reddito era la vendita d’animali da cortile e dei bachi da seta di cui si vendevano i bozzoli.
I feudatari, inoltre, ricavavano guadagni anche dal fitto di prati e cascine, dalla vendita e fitto dell’acqua, dai pagamenti di taglie, dalla vendita d’olio ricavato dalle noci, dalla vendita di legna, dalle tasse dovute al signore per ogni nucleo familiare, dai diritti su forni, rogge, canali d’irrigazione e sull’utilizzo dei mulini.
Goffredo Casalis, funzionario di Casa Savoia, incaricato, nel 1850, di pubblicare il “Dizionario Geografico Storico Statistico” del Regno di Sardegna, accennando al paese di Ternengo, scrisse: “Gli abitanti di Ternengo sono di robusta complessione, di buona indola e di mente svegliata”.